Gennaio e la smettitura del maiale 27 Dicembre 2022 – Posted in: news

Da secoli una tradizione contadina fondamentale.

La Romagna è sempre stata una terra rurale, la cui popolazione viveva del lavoro dei campi. Ancora nei primi anni del Novecento il 60% del reddito era generato in campagna e ripartito in modo tutt’altro che equo tra proprietari terrieri e contadini, che spesso vivevano ai limiti dell’indigenza.

Famiglie numerose abitavano sotto lo stesso tetto e vivevano un’esistenza scandita dai ritmi della natura; la preparazione dei campi, la semina, il raccolto… Anche la macellazione del (spesso singolo) maiale della famiglia avveniva secondo tempi dettati dalla natura: dalla fine di novembre a febbraio, quando il clima freddo permetteva una lavorazione e una conservazione migliore delle carni. Bisogna pensare all’uccisione del maiale come a momento rituale in cui si riconosceva l’importanza dell’animale; la macellazione era accompagnata da un senso di rispetto e da una celebrazione del ciclo della vita. Il fatto che si trattasse di un evento ammantato di importanza è intuibile anche dalla stilatura di precisi lunari che indicavano i giorni con la luna migliore per procedere.

Si trattava di un giorno di festa atteso da tutti i componenti della famiglia, che si erano impegnati per un lungo anno nel nutrire e accudire l’animale, nella speranza che ingrassasse il più possibile per poi poter raccogliere i frutti in una produzione abbondante di salsicce e carni lavorate. L’allevamento del maiale infatti tradizionalmente cominciava a febbraio dell’anno prima; si acquistava un maialino entro i 15 kg e gli si praparava il porcile, che veniva disinfettato con la calce. Un piccolo giaciglio grazie a un po’ di paglia e il posto era pronto per accogliere il nuovo arrivato, che sarebbe stato nutrito inizialmente con gli avanzi della cucina e poi, dalla fine dell’estate, con farina di polenta, ghiande, patate ed erba medica, per ingrassarlo. Accudire il “baghino” era un impegno quotidiano e piuttosto gravoso ed era tutto sulle spalle della donna di casa.

Torniamo alla smettitura del maiale: sin dalle prime ore del giorno prefissato si preparava tutto in vista del rito: veniva pulito il luogo dell’uccisione, che poteva essere un capannone degli attrezzi o una stanza della casa adibita alle lavorazioni, la “cameraccia”.

Esisteva addirittura una figura professionale itinerante, quella del norcino, che poteva assistere e aiutare, con attrezzi ed esperienza, nella macellazione. Una volta ucciso il maiale si passava alla lavorazione della carne: come sappiamo, del maiale non si buttava proprio nulla. Subito, con il sangue appena raccolto, si poteva preparare un dolce, il sanguinaccio.

Si procedeva poi a sezionare le carni che sarebbero state consumate fresche nelle settimane seguenti; per esempio il cervello, che veniva saltato in padella, o il cuore, marinato e cotto alla brace, oppure la trippa in umido, o ancora il radicchio di campo condito con la pancetta a cubetti.

In seguito si iniziava a preparare la salsiccia da stagionare, i cotechini, i salami… Si metteva il fegato nella rete, si tagliava la cotica e si preparavano i ciccioli; si mettevano lardo e golette a maturare nelle spezie, si salavano i prosciutti, le coppe, il lonzino…

Con pelo, unghie e denti si potevano confezionare pennelli e bottoni e anche le ossa venivano salate e conservate; una volta finito tutto il ben di Dio, sarebbero state utili a insaporire un brodo o un semplice sugo.

Oggi come ieri: fare i salami in casa

L’amore degli italiani per il (buon) cibo è un sentimento atavico; negli ultimi anni, complice anche la pandemia, è cresciuta anche la passione per il “saper fare” in cucina, a partire da cibi che siamo abituati ad acquistare già pronti, come lo yogurt o il pane. In una parola, home made sembra essere meglio per gli italiani: per fare qualche esempio pratico, nel 2022 la vendita di yogurtiere è cresciuta del 200%, mentre quella delle macchine per il pane il 91% (Ricerca Idealo, portale che compara i prezzi).

Non sorprende quindi che stia tornando l’usanza, anche da parte di persone giovani che non hanno mai vissuto il rito dell’uccisione del maiale, di farsi i salami in casa, per assaporare un prodotto condito secondo il proprio gusto.

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